Sentirsi in colpa o vivere emozionati
“Generalmente ci si sente in colpa quando si diventa consapevoli che si è infranta una regola o violato il proprio standard di credenze, o per non essersi assunti delle responsabilità.”
(Anna Oliviero Ferraris)
La maggior parte di noi ha subito durante la propria infanzia delle azioni di repressione da parte dei genitori nei confronti della propria emotività.
Ma oltre a questo tipo di senso di colpa razionale, c’è anche un senso di colpa emotivo, che è un processo inconscio.
La maggior parte di noi ha subito durante la propria infanzia delle azioni di repressione da parte dei genitori nei confronti della propria emotività, tramite messaggi di questo genere: “ Tu non puoi”, “Tu non devi”,spesso legati al gioco ( non correre, non sudare) o al piacere(non toccarti i genitali), o alla espressione di emozioni ( non piangere, non gridare). Ciò provoca nel bambino un’associazione tra una propria azione attiva o un qualunque movimento emozionale e il senso di colpa. Succede che , visto che per il bambino i genitori rappresentano il mondo intero, generalizza a tutti gli altri la propria negatività da cui si deve difendere: così il ragazzo e poi l’adulto finiscono per associare una sensazione di colpa a tutte le situazioni in cui si ha la possibilità di affermare se stessi, il piacere, la vitalità e la gioia di vivere. Nell’impossibilità di esprimere i propri sentimenti di odio, il bambino finisce mediante il meccanismo dell’inibizione dell’azione per produrre pensieri distruttivi, che sono indirizzati verso i genitori ma riversati poi su se stessi per una forma di autopunizione :“ Se i miei genitori non mi hanno amato o non mi hanno rispettato è colpa mia, perchè evidentemente non meritavo il loro amore”. Si nutrono pertanto di emozioni parassite, a discapito di quelle espressive.
LE PRINCIPALI EMOZIONI |
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EMOZIONI PARASSITE, VASOCOSTRITTRICI | EMOZIONI ESPRESSIVE, VASODILATATRICI |
paura | curiosità |
depressione | tristezza |
colpa | dolore |
diffidenza | intolleranza |
orgoglio | amore |
impotenza | rabbia |
noia | appagamento |
confusione | esaltazione |
anticipazione | gioia |
perplessità | ricettività |
Anche da adulto la persona invece di assumersi la vera consapevolezza di essere cresciuta e di essere in grado di affrontare l’antico dolore, si vede ancora come quel bambino fragile e impotente che ha subito un sopruso : pertanto da una parte, attraverso delle proiezioni vede gli altri come i propri genitori , e va alla ricerca nel mondo di quell’autorità che nega l’esistenza, in modo da legittimare il suo vittimismo e dall’altra va alla ricerca di quella persona che lo salverà mantenendo l’illusione di poter riavere l’antico amore e rispetto emozionale sempre mancato da parte dei genitori. Oppure sceglierà situazioni e persone in cui il piacere sarà mescolata alla sofferenza ( come lo era da bambino).Oppure accadrà che persone che sono cresciute in un ambiente familiare che proibiva o temeva la rabbia impedendo l’affermazione di sé , diventano adulti che si auto sabotano, nel senso che hanno paura di vincere e di affermarsi nella vita. Infine può succedere che attaccherà il proprio corpo tramite malattie psicosomatiche per dimostrare di star male e di aver bisogno di cure e attenzioni.
Il risultato sarà sempre uguale: la punizione dell’intera personalità.
Tale processo si svolge inconsciamente. Non è facile superare il senso di vittimismo perché si vive in una società che distrugge l’emozione a favore della ragione, della volontà e dell’immagine . Cosi si rimane vittime a vita, egocentrici per apatia e immobili per comodità: più manca la verità interiore e più si getta fango sugli altri, non si vede e non si accetta la propria distruttività ma si sente solo un malessere che si allieva aggredendo l’altro
Il primo passo per smettere di autopunirsi sta nel prendere consapevolezza profonda di essere degli adulti, che non devono più ripetere i meccanismi di una volta per vivere, poiché essendo adulti sono forti per reggere , auto sostenersi e affrontare quel dolore originario che per un bambino è intollerabile e minaccia la sua sopravvivenza.
Si deve riconoscere che anche se inconsciamente siamo noi responsabili del proprio malessere: riconoscere che dentro di noi c’è un bambino vittima che scalcia e che è nostro compito tramite il nostro io maturo e responsabile rassicurarlo e aiutarlo a venire in maniera gioiosa e vitale.
Il secondo passo consiste nel sviluppare un senso di accettazione e di amore per se stessi ,sciogliendo quel risentimento che ci tiene bloccati al passato. Tale risentimento è presente nel corpo: la schiena bloccata è spesso presente in persone che sono bloccate nel loro risentimento , ma non ne sono consapevoli e bloccano così l’espressione della rabbia; il collo rigido è spesso associato ad orgoglio.
Il perdono è un’esperienza emotiva che si vive solo dopo che sono state vissute delle esperienze emozionali represse e sono stati sciolti i blocchi muscolari a loro associati. Per Lowen nelle tensioni muscolari risiedono le emozioni represse: per questo sciogliendo le tensioni e le rigidità muscolari si permetterà ai sentimenti e alle emozioni di esprimersi liberamente.
Esprimere le proprie emozioni rende le persone più libere, più aperte e più proiettate verso il benessere. Il difendersi con le proprie modalità infantili o rimuovere le emozioni fa talmente male che conduce verso la malattia.
Emozionarsi fa bene!
BIBLIOGRAFIA
- Anna Oliviero Ferraris – “I colori della colpa” – Riv. Psicologia Contemporanea n.111, Giunti, 1992.
- Raffaele Ponticelli - “Emozionarsi fa bene” – Xenia Edizioni, 2005.